Davide Traversi e l’arte di tirar pugni. Una storia ondaiola di pugilato

Il pugile professionista ha conquistato un altro importante successo

di Chiara Cicali

 

2OMD6792Ancora una volta la nostra Contrada non si smentisce nell’essere una fucina di sportivi di “classe”.

Dopo l’atletica leggera, il judo, il pattinaggio, l’equitazione acrobatica, è la volta della noble art, il pugilato.

Davide Traversi, ondaiolo doc, classe 1985, categoria pesi medi, non smentisce le aspettative degli addetti ai lavori neanche questa volta e, sabato 12 marzo 2016, centra la sesta vittoria da pugile professionista su sette incontri fino ad oggi disputati (solo una sconfitta ai punti e tre vittorie per K.O.).

Forse l’ungherese Aron Csipak è stato l’avversario più ostico trovato sul suo percorso verso l’ascesa al titolo italiano, traguardo che non dovrebbe essere molto lontano visto il ruolino di marcia.

“Csipak era un pugile da prendere con le molle, capace di accelerazioni violente specialmente con i ganci; Davide è cresciuto molto dal punto di vista strategico, è in ottime condizioni psicofisiche, è tatticamente intelligente, rischia solo quando serve, fa male grazie ad un’esplosività accresciuta con un accurata preparazione scientifica. Ha vinto tutte le riprese: è stato più prudente nella prima e ha provato a forzare nell’ultima.”

2OMD6989Queste le parole del suo allenatore, il Maestro David Borgogni, altro Ondaiolo d.o.c. a cui va il merito di aver portato alla ribalta il nome di Siena in tutta Italia grazie ai prestigiosi traguardi raggiunti negli anni con i suoi atleti.

Dopo ben 66 incontri nel pugilato minore (data d’esordio 28 marzo 2003 coronato subito con la conquista del Titolo di Campione Regionale e Interregionale categoria Junior esordienti), Traversi debutta nel mondo dei pugili professionisti il 26 Aprile 2014, a Siena, battendo nettamente ai punti il rumeno Alexandru Petrica sulla distanza delle sei riprese, ma la sua superiorità fu netta visto che il suo avversario fu contato ben due volte: alla seconda ed alla quarta ripresa.

2OMD6987Il 7 giugno del 2014, nella meravigliosa cornice di Piazza del Campo, in occasione di vari eventi sportivi che videro coinvolto il centro storico di Siena, per festeggiare i 100 anni del Coni, Traversi bissa di nuovo battendo ai punti l’avversario ungherese Lajos Orsos.

Sempre nello stesso anno, esattamente il 20 dicembre, Davide riesce a stupire tutti con una vittoria fulminea e schiacciante ai danni di un altro ungherese, Zsolt Hamza: l’incontro durò, infatti, meno di una ripresa, giusto il tempo necessario per il pugile senese di sferrare una letale combinazione di montante destro e gancio sinistro che fecero crollare al tappeto l’avversario.

2OMD6956Il 15 marzo dello scorso anno, all’interno della manifestazione “Siena Sport Week” organizzata dal Comune di Siena, altro match, sulla carta, non proprio facile per il pugile senese, visto che andava ad incrociare i guantoni con un avversario molto più esperto e avanti di lui nella classifica, l’ungherese Mihaly Voros. Anche questa volta l’allievo del maestro David Borgogni, riuscì, al di là di ogni pronostico, a chiudere il match alla seconda ripresa per K.O.

Il 5 giugno 2015 la prima battuta d’arresto del boxer senese, lontano dalle mura amiche; sconfitta ai punti contro Alex Morongiu: ma come era già successo da dilettante, questa sconfitta è “servita” a Davide per analizzarsi e mettersi in discussione. Perchè la boxe, oltre che capacità, preparazione, allenamento, è anche intelligenza e sul ring si vince usando, oltre alle mani, la testa.

2OMD6988Diktat che hanno sortito immediatamente effetti positivi, tant’è che al successivo incontro, il 21 novembre, l’ondaiolo mette a segno il terzo K.O. della sua carriera a danno di Francesco Basile, avversario ostico e molto esperto che, al momento del match, era supplente per la disputa del titolo italiano di categoria.

Dopo l’ultimo incontro disputato Davide si trova al decimo posto della classifica italiana, e si avvicina gradatamente ma con costanza a quello che, al momento, è il suo sogno. E non solo il suo…

San Giuseppe 2016, sole, divertimento e solidarietà

Tanta gente ha partecipato alla festa nell’Onda

Quando San Giuseppe prese un par di nerbate

2 luglio 1965. Un dopopalio movimentato, anche per San Giuseppe.

di Gianni Roggini

Si sa, in Contrada abbiamo un rapporto molto informale con i Santi, specie con quelli più propriamente “nostri”: preghiere, candele, fiori, ringraziamenti con lacrime agli occhi quando le cose vanno bene; feroci attribuzioni di colpe quando il patronato non funziona (e come sarebbe possibile che funzionasse per tutti contemporaneamente?! Via, ci vorrebbe un miracolo…). Le testimonianze non mancano: dai chiocciolini che mandarono Sant’Antonio a rinfrescarsi le idee in fondo a un pozzo, al prete Bani che spense tutte le candele davanti a Santa Caterina, bofonchiando: “l’Oca s’è ripurgata, ma te stai al buio!”.

Siamo (eravamo?) fatti così. Un incidente di percorso capitò anche a San Giuseppe, che peraltro era stato “avvertito” con uno stornello scopertamente minaccioso: attento San Giuseppe/ quest’anno ‘un si sgabella/ o ‘l Palio o ‘n Fontanella.

san giuseppeEra il ’65, l’Onda non vinceva da undici anni e finalmente aveva avuto un vero cavallo da Palio dopo una litania di brenne infami, solo potenzialmente interrotta dalla “cavalla Zaffira”. Una sfortuna nera, che qualcuno cercava di combattere cristianamente, facendo dire messe su messe, e altri tentavano di esorcizzare con magate varie, tipo il paganissimo sacrificio di un agnellino alla Duprè. Su Selvaggia, dunque, ci si montò Lazzaro, il fantino che “doveva” vincere il Palio. E infatti partì primo, girò a San Martino con un bel vantaggio su una simpatica coppia di carabinieri e poi pensò bene di cascare al Casato.

Fine del sogno.

Il dopopalio fu comprensibilmente agitato, anche in chiesa. Due scalmanati, per esempio, s’arrampicarono sull’altare. Quello in montura tirò un paio di nerbate alla statua trattando San Giuseppe come un pellaio. Quello in borghese – con l’inorridito dottor Rogani disperatamente attaccato a una gamba – si limitò a berciare “così impari a ‘un contà niente in famiglia”.

Non è difficile immaginare l’identità di chi trovò da ridire sui rapporti di forza all’interno della Sacra Famiglia. Ma non farò mai il nome di quello col nerbo. Non sono mica matto, io.

Le donne dell’Onda ci mettono la faccia. Le foto di Gigi Lusini raccontano Malborghetto al femminile

Sabato 19 marzo mostra fotografica nel museo della Contrada Capitana dell’Onda

Venti anni dopo l’Onda torna a raccontarsi attraverso i volti delle sue contradaiole. Si intitola “Donna dell’Onda” la mostra fotografica di Gigi Lusini organizzata sabato 19 marzo, in occasione della Festa di San Giuseppe. La prima mostra di immagini fu organizzata nel 1996. Oggi 180 ondaiole, le stesse di venti anni fa, più molte altre, si sono messe sotto l’obbiettivo di Lusini che ha immortalato, così, come è cambiato il lato femminile di Malborghetto. La mostra sarà allestita nel Museo della Contrada, in via Giovanni Duprè 111, e gli scatti saranno raccolti in un volume. Intanto esce e sarà disponibile il catalogo delle foto della mostra del 1996.Donna dell'Onda

 “Il fotografo di ritratto – sottolinea Lusini – deve fare, per forza, lo psicologo e non perdere l’attimo e fissare espressioni di persone “vere”, per non creare una galleria di anonimi manichini. La parola d’ordine: interpretare la somiglianza…interiore. È stata un’impresa faraonica, durata oltre un mese e mezzo. Ho lavorato tutti i giorni, per dar modo a tutte di poter trovare il tempo di partecipare a questa nuova impresa fotografica, maturata vent’anni dopo la prima. Alcune “modelle” hanno richiesto uno scatto solo, altre molti di più. Sono state coinvolte centottanta ondaiole di tutte le età dai tre fino agli ottant’anni e oltre. Rispetto al 1996 ho notato la nuova tendenza di ‘mimetizzarsi’ con figlie e nipoti. Mi ha però colpito il grande entusiasmo, da parte di tutti. Una gioia e una voglia di partecipare inaspettata. È stata una bella esperienza, faticosa ma divertente e di grande spessore umano”.

“Con questa celebrazione ventennale – continua Lusini – le nostre donne mettono ancora la faccia guardandoci negli occhi. Non con uno sciocco selfie smorfioso, ma per dimostrare la loro ‘ancora’ materiale presenza in una realtà, la Contrada, che cerca disperatamente di resistere al logorio di questi tempi difficili. Per le donne dell’Onda questi venti anni sono passati magnificamente. Sono tutte più belle e le nuove generazioni non sono da meno”.

“La mostra – afferma Massimo Castagnini, priore della Contrada Capitana dell’Onda – si inserisce nel quadro di festeggiamenti per San Giuseppe e quindi si rivolge a tutta la città. E’ una bella iniziativa che, attraverso le belle immagini di Gigi Lusini, ci fa vedere come i lineamenti siano cambiati in questi venti anni. Quello che è rimasto immutato è l’amore per la Contrada e il senso di appartenenza che gli sguardi e i volti delle ondaiole ci trasmettono. Un amore che non conosce l’azione del tempo”.

Per qualsiasi informazione sulla festa di San Giuseppe e sulle attività della Contrada è possibile visitare il sito www.contradacapitanadellonda.com e la pagina Facebook Contrada Capitana dell’Onda.

Alla salute, Beppe!

La Festa di San Giuseppe nella tradizione popolare

di Emilio Ricceri

San Giuseppe

San Giuseppe

Quando Rossella mi chiese di preparare un articolo sulla festa di San Giuseppe mi meravigliai molto. Credevo di essere la persona meno adatta dell’Onda per parlare del nostro Santo Patrono. Mi sono quindi documentato partendo da un punto di vista che a me interessa molto: le feste nella tradizione e nella cultura popolare. Successivamente, facendo un’incursione anche nel campo della religiosità popolare, che credevo mi interessasse molto meno, ho fatto una scoperta che mi ha profondamente colpito, facendomi alfine quasi diventare un fan del Nostro. Tutti sappiamo bene come si svolge da noi la festa di San Giuseppe. Può essere anche interessante conoscere se ha diffusione anche in altre zone e se sì, con quale modalità si realizza.

Tra le feste popolari a sfondo religioso, quella di San Giuseppe è tra le più celebrate in ogni parte d’Italia; tra gli altri, da paesi della provincia di Como, di quella di Forlì, La Spezia, Grosseto, Rieti, Campobasso e di quasi tutte le province della Sicilia. Gli elementi comuni alle varie feste sono la presenza di fuochi come falò o torce nella notte della vigilia, e l’offerta di cibo ai poveri del paese o ai forestieri ospiti. Analogamente a tutte le ricorrenze legate alla cultura popolare, ed in particolare a quella contadina, questa festa racchiude alcune significative simbologie di origine pagana: il fuoco che scaccia gli ultimi strascichi dell’inverno e saluta l’arrivo della primavera. Per quanto riguarda l’offerta dei cibi ai poveri, si può pensare quasi a una volontà di esorcizzare, a posteriori, la povertà della Sacra Famiglia, così come tramandata dalla devozione popolare.

Una citazione letteraria della Festa di San Giuseppe la troviamo nel “Viaggio in Italia” di Goethe quando si parla di quella di Napoli nel 1787. La descrizione è molto viva, quasi un bozzetto, ed anche qui si trova l’elemento del fuoco di cui Goethe evidenzia la connotazione simbolica, e di quello della donazione ai poveri. Dice infatti l’autore a proposito dei “frittaioli”, cioè i venditori di frittelle: “Oggi era anche la festa di San Giuseppe, patrono di tutti i frittaroli, cioè dei venditori di pasta fritta, beninteso della più scadente qualità. E poiché sotto il nero olio bollente arde di continuo una grande fiammata, della loro sfera fa parte anche il tormento del fuoco; perciò iersera avevan fatto, davanti alle loro case, una parata di quadri di anime del purgatorio e di giudizi universali entro un lingueggiare e divampare di fiamme. Sulle soglie delle case grandi padelle erano poste su focolari improvvisati. Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell’olio fumante. Un terzo, vicino alla padella, ritraeva con un piccolo spiedo le ciambelle man mano che erano cotte e con un altro spiedo le passava a un quarto che le offriva agli astanti; gli ultimi due garzoni erano ragazzotti con parrucche bionde e ricciute, che qui simboleggiano angeli. Alcuni altri completavano il gruppo mescendo vino ai lavoranti, bevendo essi stessi e gridando le lodi della mercanzia; tutti gridavano, anche gli angeli, anche i cuochi. Il popolo faceva ressa, perché in questa serata tutti i fritti si vendevano a poco prezzo e una parte dei ricavi va persino ai poveri”.

San Giuseppe

San Giuseppe

Questa descrizione mi ha fatto venire in mente che vi era esattamente la stessa atmosfera vari anni fa, ancor più di oggi, dai frittellai di Piazza del Campo, particolarmente proprio nel giorno di San Giuseppe, quando mettevano prolunghe esterne alle baracche e vi preparavano le frittelle all’aperto, tra lazzi e “gotti”. Ma la cosa che mi ha colpito di più è la considerazione che ha avuto nella cultura di base, almeno per un certo periodo, la figura di San Giuseppe. Le rappresentazioni sacre, forma quasi di spettacolo teatrale con vasta partecipazione popolare eseguito inizialmente in una Chiesa e successivamente in altri luoghi, hanno avuto una grande importanza nella formazione della religiosità delle masse di tutto l’Occidente essendo, appunto, rappresentazioni drammatiche della vita di Cristo. Sono iniziate con le origini del cristianesimo e si sono protratte, almeno in Francia, anche se con caratteristiche ben diverse da quelle originali, fino al diciannovesimo secolo.

In questa forma di spettacolarizzazione, la figura di San Giuseppe assume addirittura connotazioni totalmente anticonvenzionali. Nella seriosa “Bibliothca Sanctorum”, opera fondamentale per lo studio delle figure dei santi, tra l’altro, a proposito di come viene descritto San Giuseppe nelle scene delle rappresentazioni sacre si dice: “Mentre queste scene conservano altrove una certa seriosità, in Germania assumono un tono umoristico, se non addirittura comico. La figura del santo viene volentieri utilizzata per divertire il pubblico nella parte di un ridicolo vecchio, sempliciotto, piccolo, curvo, che tossisce sempre dopo ogni battuta. E’ semplicemente trattato come il buon servo della Madonna. Nella scena dello sposalizio, egli oppone la difficoltà del voto di castità da lui fatto, ma è disponibile a fare la volontà di Dio. Quando si accorge che Maria è diventata madre, piange. Allorché ricerca in Betlemme un alloggio, viene respinto come falso, perché nessuno vuole credere che la sua sposa sia vergine. Nella scena della natività è impacciato e incapace, pur mostrandosi comicamente premuroso, e deve procurare perciò una balia per la madre e il bambino. Si arriva perfino a un crudo realismo che rasenta l’irriverenza mostrandolo allegro che si dà forza in ogni occasione con il vino. La sua principale attività diventa, allora, quella di fare assaggiare il suo “buon vino” a tutti: pastori, levatrice, Maria e bambino. Nella fuga in Egitto vuole addirittura vendere il velo di Maria e il suo cappello per della birra, invitando ogni tanto gli spettatori a bere. Anche alla servente egli offre da bere come ricompensa per i servizi prestati. Lo vediamo, ancora, dondolare la culla del bambino e dirigere la ninnananna e le danze invitando a parteciparvi i bambini e tutti i presenti”.

Questa umanizzazione della figura del patrono dell’Onda me lo rende laicamente molto simpatico, perché ne evidenzia aspetti affini a quelli di noi contradaioli (parlo almeno per me) e me lo fa considerare come un vicino di tavola a una cena dell’Onda. Alla salute, Beppe!

8 marzo nell’Onda, una Festa da incorniciare

Grande successo per la Festa della Donna alla Duprè

Una serata all’insegna della buona musica e del divertimento. La Festa della donna, nell’Onda, e’ stato un successo costruito su pochi semplici ingredienti: lo stare insieme, un bravo DJ ad animare la serata e la consapevolezza che l’8 marzo vissuto da ondaiole ha un sapore ancora più bello.

“Grazie a tutti quelli che hanno reso possibile con il loro aiuto e contributo a far sì che la serata dell’ 8 marzo sia stata un vero successo!” Questo il commento di Silvia Nardi, presidente del gruppo donne.  “Un grazie a tutte le fantastiche donne dell’Onda – prosegue Nardi – che hanno preso parte all’evento divertendosi e facendo divertire.  È stata una serata memorabile che ci lascia con il desiderio e la voglia di ripeterne altre, perché serate come questa fanno bene alla contrada ed allo spirito per andare avanti sempre al meglio. Viva l’Onda!”

 

foto di Armando Santini

Il mondo dei vaccini: dialogo con un’esperta

A tu per tu con Maria Lattanzi, Responsabile dello Sviluppo Clinico per il Research & Development Center italiano di GSK Vaccines.

di Caterina Sorge Pasqui

 

Incontro Maria Lattanzi, medico Specializzato in Malattie Infettive, nei vaccini da 15 anni, recentemente nominata Responsabile dello Sviluppo Clinico per il Research & Development Center italiano di GSK Vaccines. Con pochissimo preavviso la Dr.ssa Lattanzi si rende disponibile per una mezz’ora di chiacchierata sul mondo dei vaccini (che poi sfora in 45 minuti e anche più), il cui scopo è provare a dare delle informazioni e fare un po’ di chiarezza, partendo dal presupposto che Maria lavora nei vaccini per scelta, non per caso, “perché credo sia un modo concreto di migliorare il mondo”.

Maria-Lattanzi

Parliamo dell’iter di un vaccino, dalla sua nascita alla commercializzazione.

La prima cosa da dire è che il processo di sviluppo di un vaccino è molto lungo, in media 15-20 anni. La prima fase comincia in laboratorio, dove s’identificano le sostanze che possono dare protezione: quali, quante e se hanno bisogno di essere supportate da altre sostanze, chiamate adiuvanti, che ne aumentano la potenza. Si passa poi alla fase pre-clinica per definire le caratteristiche del candidato vaccino e per iniziare la valutazione sulla sua sicurezza. Se questa fase è superata con successo, si passa alla fase clinica, ossia alla sperimentazione sull’uomo. Questa fase è a sua volta suddivisa in vari stadi, nei quali vengono condotti studi clinici su un campione progressivamente più numeroso di popolazione, passando dall’obiettivo iniziale di testare la sicurezza del vaccino, ossia che non abbia effetti negativi, per poi passare a testare la sua efficacia, considerando sempre che i vaccini sono destinati a persone sane che vogliono rimanere tali, e quindi la loro sicurezza è una condizione imprescindibile.
Quando sono stati raccolti dati adequati a confermare che il vaccino è sufficientemente sicuro ed efficace, tutta la documentazione raccolta nelle varie fasi è sottomessa alle Autorità Regolatorie Nazionali o Internazionali (le più famose sono la Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti e la European Medicines Agency (EMA) in Europa) per la registrazione. Le Autorità Regolatorie controllano tutta la documentazione ricevuta e se i dati sono sufficienti, la registrazione del vaccino può essere concretizzata, il che significa che il vaccino può essere immesso in commercio. Recentemente e sempre più spesso, le Autorità Regolatorie danno il loro ok alla registrazione previo impegno da parte dell’azienda produttrice di continuare a condurre sperimentazioni cliniche su fette sempre più ampie di popolazione anche dopo la registrazione del vaccino.

Cosa succede se durante questi studi post-registrazione si scopre qualche effetto collaterale del vaccino non verificatosi prima?

Dipende dall’effetto collaterale, eventi di questo tipo sono accaduti nel passato, in alcuni casi hanno semplicemente portato ad un aggiornamento del foglietto illustrativo del vaccino, in altri molto gravi al ritiro del vaccino stesso dal commercio. In questo senso è fondamentale la rete di Farmacoviglianza sul territorio: i medici hanno l’obbligo di riportare tutti gli eventi avversi, che siano o no correlati alla vaccinazione. Dalla farmacoviglianza queste informazioni sono poi trasmesse alle aziende. Questo è uno strumento fondamentale per accrescere la conoscenza del profilo di sicurezza del vaccino. Mi preme sottolineare che questi controlli sono effettuati su tutti i farmaci e i vaccini: le aziende farmaceutiche sono tenute ad inviare periodicamente dei riassunti contenenti questi eventi alle autorità regolatorie di competenza, le quali poi decidono su eventuali azioni da intraprendere. Questi controlli continuano per tutta la durata di vita di un vaccino e anche per diverso tempo dopo il suo ritiro dal commercio. Il rigido controllo sul territorio e l’informazione che viene dal territorio è quindi fondamentale.

Oggi c’è grande fermento sulle vaccinazioni, sono molti gli scettici che non si vaccinano e non vaccinano i figli considerando i vaccini non sicuri o pericolosi: parliamo delle percentuali di rischio di un vaccino e dei danni da vaccino

In questi casi si parla di “vaccine hesitancy” e c’è fior di letteratura scientifica a riguardo, proprio perché è un argomento caldo, anche se non nuovo, dato che è nato fin dal primo vaccino scoperto da Edward Jenner (il vaccino del vaiolo, alla fine del 1700, ndr). Lo scetticismo verso i vaccini nasce con la vaccinologia stessa. Dati alla mano tuttavia le vaccinazioni sono state, insieme alla disponibilità di acqua potabile, lo strumento più efficace dell’ultimo secolo per raddoppiare la vita media nei paesi sviluppati.

Perché allora c’è tanta discussione sui vaccini?

Per due motivi fondamentali: il primo è che i vaccini sono somministrati a persone sane. Mentre un malato che prende un farmaco accetta anche i suoi effetti collaterali pur di alleviare il suo dolore o di curare la sua malattia (prendiamo l’esempio classico degli anti-infiammatori: leggendo il foglietto illustrativo ci sono tantissimi effetti collaterali anche gravi, eppure chiunque abbia mal di testa non esita a prenderli), una persona sana considera qualunque effetto collaterale come un problema, un fastidio. Il secondo motivo è che i vaccini sono vittime del loro stesso successo.

Cioè?

Voglio dire che le malattie che negli anni sono state eliminate dai vaccini oggi non si vedono più, malattie quali la poliomelite, la difterite, il tetano, certi tipi di meningite, mentre si vedono gli effetti collaterali del vaccino, quando presenti. La maggior parte delle persone non sa o non si ricorda gli effetti terribili di queste malattie, quindi associa il vaccino al suo possibile effetto collaterale senza vederne il reale beneficio. Faccio un esempio recente: alla caduta dell’Unione Sovietica negli anni ’90, ci fu un parallelo crollo del sistema sanitario che non forniva più i vaccini alla popolazione. La conseguenza fu una gravissima epidemia di difterite, che fu debellata solo dopo la re-introduzione delle vaccinazioni. Quello che intendo è che oggi c’è benessere anche perché molte vaccinazioni sono sistematiche, usate da tutti o quasi, ma se le vaccinazioni sono sospese le malattie possono tornare.

OK per la difterite, il tetano, malattie “ancestrali” e terribili, ma per malattie come il morbillo, la varicella, che tutti fino alla mia generazione inclusa hanno avuto da piccoli, che senso ha la vaccinazione?

Il morbillo io l’ho avuto a due anni, ma me lo ricordo anche oggi come una bruttissima esperienza. Anche negli anni recenti in Italia ci sono stati focolai di morbillo che hanno avuto come conseguenza un certo numero di persone con effetti collaterali gravi, e, in qualche caso, anche morte.
Il valore della vaccinazione non è solo dovuto alla possibilità di prevenire morte o effetti collaterali gravi della malattia, ma alla possibilità di prevenire la sofferenza e il disagio dovuto alla malattia stessa.

E’ giusto basarsi sul rapporto rischio-beneficio per decidere se vaccinarsi o vaccinare i propri figli?

Il rapporto tra rischio e beneficio regola tutti gli aspetti della nostra vita, dal decidere se scendere dal letto la mattina per andare in ufficio in avanti. Ci sono due tipi di rapporto rischio-beneficio nell’ambito medico: quello sulla sanità pubblica, in cui si considerano gli effetti sulla società, sulla base dei quali ad esempio viene deciso di vaccinare soltanto una particolare fascia di età per un certo vaccino, perché dal punto di vista sociale, dei costi eccetera è la scelta più favorevole. Poi c’è il rapporto rischio-beneficio per l’individuo: questo a mio avviso è un tipo di discorso che andrebbe sempre affrontato con il proprio medico, perché è diverso per ognuno di noi e include anche in questo caso dei costi, pensiamo al vaccino anti-influenzale comprato in farmacia. Faccio una similitudine rubata a Rino (Rappuoli, ndr): comprare un vaccino è come fare un’assicurazione sulla casa, cioè pago dei soldi tutti gli anni per un evento che spero non accada mai.

Un messaggio a chi non si vaccina perché ha paura dei rischi associati

Ogni atto medico ha dei rischi associati, effetti collaterali, questo va tenuto sempre presente. I vaccini nella quasi totalità dei casi hanno effetti collaterali del tutto transitori, quali ad esempio febbre e dolore nel punto d’iniezione.

E per gli effetti gravi? Penso all’autismo.

Per prima cosa la correlazione fra autismo e vaccinazione non è mai stata scientificamente provata, in realtà il medico che pubblicò questo articolo fu radiato dall’ordine dei medici e la sua pubblicazione fu ritirata, ma questo tipo di informazione non ha avuto sul pubblico la stessa presa che ha avuto la pubblicazione stessa, addirittura i più scettici pensano che dietro al ritiro dell’articolo ci siano stati dei poteri forti in grado di mettere a tacere questo tipo di denunce. Ritorno a dire che bisogna sempre considerare la percentuale di probabilità che un effetto collaterale grave post-vaccinazione avvenga in relazione alla probabilità di contrarre la malattia e i suoi effetti. Vorrei anche aggiungere che se un vaccino è in commercio, sulla base dell’iter che abbiamo descritto prima, questo significa che il rapporto rischio-beneficio è stato valutato come favorevole dalle autorità competenti; se non c’è fiducia nel sistema sanitario allora non ci sono più riferimenti.

Ringrazio la D.ssa Lattanzi per averci dato delle utili informazioni che possono a mio avviso essere usate come spunti di riflessione. Vaccinarsi o meno rimane una scelta molto importante, ed è auspicabile che venga fatta con dati alla mano, dopo aver dialogato con il proprio medico ed avere valutato i rischi associati al vaccino in relazione a quelli associati alla possibile malattia.

Du’ chiacchiere col Santo

A tu per tu con San Giuseppe

di Marco Vagheggini

 

M.            È permesso, posso entrare?

S.G.         Certo, avanti avanti…benvenuto in chiesa.

M.            Sono qui per l’intervista.

S.G.         Sì, sì, è puntualissimo.

M.            Come la devo chiamare…San Giuseppe?

S.G.         Prima di tutto diamoci del tu, poi Giuseppe è sufficiente…i titoli non mi sono mai piaciuti.

M.            Bene, Giuseppe, la tua festa si avvicina.

S.G.        Sono davvero contento, il 19 marzo è la festa di tutti…mia, di tutti i papà…ehm, scusa, lo so che a Siena si dice babbi…e dell’Onda naturalmente!!

Tutte quelle persone devote che vengono a dire una preghiera, ad accendere una candela per i loro cari, che si portano a casa il panino benedetto…sì è proprio il mio giorno preferito! Non immagini quanto mi piace vedere le bandiere sulla facciata della chiesa…e poi quegli eleganti braccialetti…la festa si respira nell’aria!

Quando mi affaccio dall’arco e guardo giù nella spiaggia, che una volta portava il mio nome, sono attratto dalle bancarelle, dal profumo di croccante e brigidini…

M.           E naturalmente le frittelle…

S.G.       Purtroppo, quel dolce profumo non arriva fino a quassù…la cucina è un po’ troppo lontana…però mi piace il mio ritratto che mettete lì…io non sono così grassoccio, ma va bene lo stesso…

M.            …e poi ci sono i bambini…

S.G.       La festa di san Giuseppe è la loro festa, li vedo felici con i babbi, più spesso con i nonni, mentre si tirano dietro quei bellissimi e colorati carrettini…il rumore delle pigne sulle lastre è magico…qualche anno fa c’erano anche le fruste con la coccola in cima, che battaglie, ragazzi! E che strilli!…

M.            E poi il 19 marzo è l’ annuncio della primavera imminente…

S.G.         È vero, in questi giorni di gran freddo e neve, pensare alla primavera mi scalda il cuore.

M.            Hai visto quanto è bella Siena con la sua veste bianca?

S.G.         Uno spettacolo…mi ricorda quel canto che fate nei giorni di Palio…come fa?

“Oh quanto è bella Siena con la sua nuova veste…”…beh, io il bianco ce l’ho messo, per il celeste, pensateci voi!!

M.            Per la nostra città è un momento difficile, lo sai…vuoi fare un augurio a tutti i senesi?

S.G.         Questo è il mio augurio più grande, con tutto il cuore…il lavoro.

Ognuno di noi sa quanto sia importante…quella parola semplice non ha bisogno di essere spiegata, dentro c’è la vita di ogni uomo e di ogni donna…da sempre.

M.           Prima di salutarti, raccontaci qualcosa, un fatto avvenuto un po’ di tempo fa…sai i nostri giovani sono curiosi del passato…

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S.G.        Mamma mia!…sono tanti i ricordi…da dove cominciare…sì, quando gli Alleati entrarono in Siena per liberarla, il 3 luglio 1944, io sono stato il primo a benedirli…sono passati tutti qui davanti, sotto l’arco, mezzi militari di ogni sorta…ricordo che un grosso camion si ribaltò proprio oltrepassando l’arco e rimase per molto tempo a sbarrare la strada…e poi…questa è una chicca, non la sa nessuno, avvicinati…il 19 marzo di tanti anni prima, nel 1934 mi pare, c’era una signora a pregare nella panca dove sei seduto te ora…era una maestra…era incinta e stava per partorire…aveva già messo al mondo tre splendide ragazze e ora aspettava un altro figlio…era assorta in preghiera ed io non sapevo come avvertirla che se non si sbrigava a tornare a casa, il nascituro, me lo faceva qui…te lo immagini un parto in diretta!!. Mi avrebbe riportato indietro nel tempo, a quando ero giovane in Palestina…lasciamo perdere…dove ero rimasto??

M.          …alla maestra in preghiera…

S.G.      Ecco sì…all’improvviso si sentì male e la portarono a casa di corsa, nel vicolo degli Ugurgieri…ho saputo dalle chiacchiere delle donne nei giorni seguenti, che la signora aveva partorito ancora col cappotto addosso e che il figlio era maschio…ma questo io lo sapevo già…lo avevano chiamato Giuseppe…

M.          Mi sembra il minimo…

S.G.     Bravo!! Quante belle cose ha visto questa chiesa!! Mi divertivo un sacco quando gli alfieri facevano a gara, facendo l’alzata, a spedire la bandiera dentro il cupolino…non erano mica tanti quelli che ce la facevano eh!…altri tempi..anche la benedizione del cavallo il giorno del Palio, era più allegra, chiassosa…e quel bercio (dice proprio così: n.d.r.) finale “Vai e torna vincitore!!!”…oggi mi sembrate un po’ troppo ingessati…con tutti quei richiami al silenzio, tutti quei “no flash” in lingua straniera addirittura…

M.          Ti capisco…hai problemi con l’inglese…

S.G.       …l’inglese??!! E capirai!…io parlavo aramaico!!!

M.          Sai Giuseppe, l’esperienza di Giove Deus del 2010, ha segnato tutti noi…

S.G.     E chi se lo scorda quel giorno?? Quel gran cavallo ha firmato anche lo scalino di fronte all’altare alla mia destra!! Rivedo ancora le scintille dei ferri sul travertino…peccato che non sia riuscito a vincere il Palio…

M.         A proposito di Palio…che annata ci aspetta??

S.G.     Sai…in tema di Palio, neppure io posso fare previsioni…ultimamente mi sembra però di aver lavorato bene e di aver ascoltato le vostre preghiere…alcune fatte con fede, altre…beh sorvoliamo…

M.         È vero Giuseppe, il 2012 e il 2013 sono stati anni fantastici…e un consiglio per il 2015??

S.G.     Il consiglio è sempre lo stesso: state uniti, discutete e litigate nell’Onda, ma fuori fate muro…siate uniti, contro tutto e tutti…e poi, questo te lo dico sottovoce, mica vorrete dare una soddisfazione a quella presuntuosa di mia suocera eh??!! (S. Anna, n.d.r.) Non mi sta per niente simpatica, e capisco bene la vostra avversione per quelli nati dalla parte sbagliata del Mercato!!

M.            Giuseppe, grazie per le tue parole e il tempo che ci hai dedicato.

S.G.         Ce l’ho io una domanda per te…M. sta per??

M.            Malborghetto, il nostro giornale, il nostro rione, la nostra vita!!

S.G.         Sai una cosa?? Mi piacerebbe essere nato qui, nell’Onda…

M.            Ma tu sei comunque uno di noi, da sempre…

S.G.         Questo è vero, però ora, uscendo di chiesa, mi avresti detto: “Addio Beppe, ci si vede presto, giù nell’Onda!!”

M.            Ciao Giuseppe, e grazie…

S.G.         Ciao, ci si vede il 19 marzo!!!

C’è un’ondaiola che balla. E lo fa benissimo

La storia di Eleonora Rugi. Ondaiola, ballerina, campionessa italiana.

di Giulia Monaci

Chissà se un giorno un team di ricercatori individuerà le caratteristiche del DNA che rendono tale un campione. Chissà se si individuerà con estrema precisione quale cromosoma ci rende pittori, quali scrittori, quali attori e via dicendo. Certo è che appartenere alla Contrada dell’Onda pare avere un suo imprinting nel creare eccellenze. Senza alcun timore di peccare di ὕβϱις (superbia) , si può affermare che l’Onda sforna talenti. Sarà che la nostra Contrada, nell’accoglierci, ci dona un privilegio speciale… mentre in altri parti di Siena si devono accontentare di appartenere a mondi di terra, o di mare o addirittura immaginari, noi abbiamo la fortuna di avere due elementi a impregnarci l’anima: il colore del cielo e la forza del mare. E quindi, senza oltre indugiare, vi presento la nostra ultima punta di diamante.

Eleonora Rugi nasce a Siena il 17 dicembre 1989 e all’età di sei anni inizia a cimentarsi nel mondo della danza. Il genere di cui si innamora sono le danze standard e le danze latino americane (samba, cha cha cha, rumba, passo double, jive), con le quali cresce, portando avanti l’impegno sportivo sempre di pari passo a quello scolastico. Attualmente iscritta al corso di chimica e tecnologie farmaceutiche all’Università di Siena, Eleonora da sempre coltiva il suo amore per la danza e da sette anni insegna alla scuola MG di Siena. Suo ballerino storico è Nicola Nelli, 28 anni, anche lui senese doc e contradaiolo dell’Oca. Cinque volte campionessa regionale, nel 2012 arriva in finale al “Campionato Italiano A1” e con questo “podio mancato” si guadagna la possibilità di partecipare comunque a gare internazionali, dove guadagna un terzo posto in Spagna, una finale in Danimarca e un secondo posto in Olanda. Da agosto 2015 Eleonora gareggia nella categoria “master”, la classe dei professionisti, e anche in questa fioccano successi, fra i quali degno di nota è l’arrivo in finale durante la gara di Germania.

eleonora rugi

Ringraziamo per la foto l’autore, Duccio Fiorini

Ma la nostra “solo” campionessa regionale, fino ad allora, nonostante si fosse spesso classificata fra i primi posti in più competizioni, non aveva mai raggiunto il podio. Ma si sa che ogni atleta che si rispetti sogna il primo posto e lavora sodo per ottenerlo, senza mai arrendersi e cercando sempre di perfezionarsi. E quando hai la stoffa del campione, arriva il tuo momento. Il 29 gennaio 2016, al Pala Congressi di Rimini, Eleonora veste un fantastico abito rosso fatto di fiamme e, è proprio il caso di dirlo, infuoca il palco. Anche se dentro di lei più che un fuoco c’è un temporale e quella serata verrà ricordata come “La serata dei lunghi piantoni”. Piange prima dell’esibizione perché quella gara è troppo importante, e quella coreografia l’ha ripassata talmente tante volte che ormai non la sopporta più. Piange subito dopo l’esibizione perché finalmente libera tutta la tensione accumulata e infine…. Piange al momento della premiazione, mentre le celebri note di Mameli, care a noi italiani, esplodono nell’aria. Un’esibizione perfetta, un primo premio meritato e che va a ripagare ore e ore di duro lavoro, rendendo fieri mamma Antonella e babbo Roberto, oltre che Fabio, ragazzo di Eleonora, con il quale proprio quel giorno compiva 6 anni di fidanzamento. Quale regalo migliore per festeggiare? Nicola ed Eleonora hanno conquistato il primo posto nella specialità L.A. SHOW DANCE e sono ufficialmente i nostri campioni italiani. Nel frattempo i prossimi impegni sono già scritti: a breve verranno comunicate le date dei campionati europei e di quelli mondiali, ai quali i nostri campioni in carica parteciperanno. A te, Eleonora, che hai dedicato la tua vita al ballo, sento di poter dedicare questo augurio: “Che tu possa avere sempre il vento in poppa, che il sole ti risplenda in viso e che il vento del destino ti porti in alto a danzare con le stelle” (cit. George Jung).