di Simonetta Losi

Emanuele Dolfi - anni '70? (ph: Gigi Lusini)

Emanuele Dolfi – anni ’70?
(ph: Gigi Lusini)

Era un Piccolo Delfino. Anzi: un piccolo Dolfino. Un bambino giudizioso e tranquillo, sorridente e riservato. Un tipo che, fin da piccolo, esprimeva dolcezza, ma anche tanta determinazione. Uno che ha sentimenti forti e radici solide, che pur vivendo in capo al mondo grazie alla tecnologia ha mantenuto tutte le amicizie che aveva, perché l’affetto e i sentimenti non hanno confini.
Non ci sono confini nemmeno per l’appartenenza contradaiola. Emanuele è molto informato su tre cose: l’Onda, Siena e l’Inter.
Una laurea come tanti, in Scienze Politiche. Una borsa di studio come tanti studenti meritevoli, in Irlanda. È qui che la vita di Emanuele da ordinaria diventa straordinaria: Ailin O’Connor, la tutor che gli doveva insegnare l’inglese, oltre all’inglese gli ha insegnato l’amore, diventando sua moglie e madre dei suoi figli.
Con lei, abbandonando il lavoro che faceva all’HRM, società per la ricerca del personale a Dublino, ha intrapreso un giro del mondo, per fare esperienze buone da inserire nel curriculum. La coppia è approdata in Australia, dove Ailin ha una sorella. Emanuele Dolfi 2Siccome si volevano stabilire 4 o 5 mesi là, senza gravare su nessuno, hanno provato a lavorare. Da lì sono nati il lavoro fisso, una residenza vicino a Perth, a un chilometro dal mare, fatta di 800 metri quadri di terra con una grande casa dentro. E soprattutto Sofia, 8 anni, e Liam, 6. Naturalmente battezzati nell’Onda. Una vita intera, insomma, condivisa con babbo Mario e mamma Franca con frequentissime videochiamate e una visita una volta all’anno.
Emanuele è il responsabile della gestione delle risorse umane della società OTOC che produce infrastrutture minerarie (western australia è uno stato minerario) e lavora a Perth dove ha sede la Direzione della Società. La ditta ha sponsorizzato l’aiuto per un’organizzazione non governativa e ha selezionato, con un bando, tre persone che andassero in Kenia a sistemare un orfanotrofio.
Emanuele dolfiEmanuele è partito per tre settimane, incoraggiato e assecondato dalla moglie che ha visto nell’impresa un momento bello di crescita personale. In valigia c’erano pochi vestiti e oggetti personali, e molte penne, molti libri, molte cose per I bambini africani, raccolti a scuola con il coinvolgimento di Sofia e Liam in questa straordinaria impresa.
Emanuele è tornato il 7 luglio, dopo tre settimane: un’esperienza forte, indimenticabile, di quelle che lasciano il segno. Un’esperienza e una decisione che non sono venute a caso e che hanno radici lontane: nell’impegno nel volontariato di Franca Zazzeroni, tartuchina di via dei Maestri, che accompagna con dolcezza e umanità chi deve andare in ospedale, e in quello di Mario.
Mario è volontario alla Misericordia dal 1994 e fino a non molto tempo fa era un autista della “Cicogna”, un’ambulanza specializzata nel trasporto di neonati in pericolo di vita da Grosseto, Arezzo, Campostaggia e Nottola, site_197_Italian_493101dove un medico e un infermiere decidono se portare il piccino a Siena, al Meyer, a Milano o a Massa Carrara per il cuore pediatrico e dove ai 180 chilometri all’ora della guida di Mario era affidata una speranza di salvezza, con la soddisfazione, quando si aveva notizia che le cose erano andate bene per quella piccola vita, di essere stato il pezzo di un ingranaggio che ha funzionato e ha salvato un’esistenza.
Radici familiari, radici ondaiole. Per Emanuele, una scuola di volontariato familiare e anche di Contrada che ha portato in capo al mondo e ha speso per i più piccoli e per i più deboli. Si può essere legittimamente orgogliosi di questo figlio dell’Onda? Sì. Noi lo siamo. Il Piccolo Delfino, quello che aiutava a spostare le seggiole, quello che da ragazzo si vestiva nel Popolo per entrare in Piazza è diventato grande.

Qui è possibile ascoltare un’intervista a Emanuele fatta prima della partenza.