L’anno 1713 Il 1713 fu un anno piuttosto turbolento per quel che riguarda la “cronaca paliesca”. Palii contesi, fatti di sangue, risse particolarmente violente, insomma tanti episodi che caratterizzarono quell’estate come una delle più accese in ambito contradaiolo e di ordine pubblico. In mezzo a tali “baruffe”, la nostra contrada fu sempre, nel bene e nel male, protagonista. Cominciamo dal 16 agosto 1713: il Palio, quel giorno, fu fatto ricorrere dalla contrada della Chiocciola. Sull’esito finale della corsa Tartuca ed Onda ebbero da ridire con toni piuttosto accesi. La contrada di Malborghetto ,infatti, giunta prima al verrocchio, non superò il palco dei Giudici, e fu passata dalla Tartuca. Il popolo di Castelvecchio rivendicò la vittoria, ma la decisione fu di non assegnare il Palio e di portarlo in Provenzano. Successivamente il drappellone fu consegnato alla Chiesa di San Giuseppe e le due contrade si divisero i quaranta talleri in premio ed ebbero ciascuna una libbra di cera. Un palio “a mezzo” dunque, che Onda e Tartuca ancora oggi riportano nel computo dei palii vinti. Un episodio che, per dirla intermini giuridici, “fece scuola”, in quanto il 10 settembre del 1713 fu deciso che in futuro il cavallo vincitore dovesse passare tutto il palco dei giudici. Per quanto riguarda i fatti di sangue, il primo si svolse proprio in seguito alla carriera del 16 agosto 1713. Avvenne a due passi dal nostro rione, nella Tartuca, proprio mentre la contrada di Castelvecchio stava festeggiando per la discussa vittoria ottenuta il pomeriggio. Accadde che tale Domenico, di professione cerusico, accoltellò a morte l’alfiere tartuchino Desiderio Fabbri, davanti alla chiesa di Sant’Antonio. I motivi di tale gesto si perdono nelle nebbia di una memoria contradaiola che, come spesso accade, è fatta anche di episodi di cronaca nera. L’assasinio del Fabbri non fu l’unico in quella calda estate paliesca. Narrano le cronache cittadine che il 26 luglio del 1713, giorno in cui per tradizione in Salicotto si festeggiava la ricorrenza di Sant’Anna e San Giacomo con balli e danze, tale Pierucci, cappellaio dell’Onda, fu schiaffeggiato da un certo Mannotti, contradaiolo della Torre. La discussione scaturì probabilmente per cause sentimentali. DI fatto, il Pierucci incassò gli schiaffi e se ne andò senza reagire. A fronte delle insistenze provocazioni del Mannotti, che proseguirono durante la notte fino a via San Salvatore dove abitava il Pierucci, quest’ultimo reagì assestando una coltellata all’avversario che cadde a terra morto. Le ripercussioni fra le due contrade furono piuttosto gravi, e l’ondaiolo omicida fuggì alla giustizia rifugiandosi a Napoli. Fatti privati che sconfinarono, come sempre succede in questi casi, a livello contradaiolo, così che dopo alcune adunanze tenutesi rispettivamente nell’Onda e nella Torre, si giunse ad una riconciliazione fra i popoli dei due rioni. Niente di nuovo sotto il sole, nel Palio da che mondo e mondo, la logica dello scontro è parte integrante di un meccanismo stupendo e a volte terribilmente crudele.

Fonte www.ilpalio.org

 

 

Quando si è optato per le onde bianco-celesti? Si parla spesso delbianco-nero usato fino al 1717. Ma ci sono due testimonianze che costringono a anticipare l’uso del bianco-celeste.

La prima è quella dell’antiporto di Camollia. Il bel volumone paliesco del Montepaschi del 2001 non lascia dubbi. All’antiporto, tra il 1676 e il 1682, fu aggiunto un portico con ampia volta a crociera per collegare le parti, antica e moderna. Dato che ai lavori avevano contributo le contrade, nella volta furono dipinti gli stemmi delle 17 contrade (ormai tradizionali, e solo quelle, a quanto pare!) da Giuseppe Nicola Nasini, pittore distinto del tempo. Ergo, qualcuno dell’Onda già allora chiese che la contrada fosse così ricordata.

La seconda è di Gerolamo Macchi, il celebre dipendente del Santa Maria che ha lasciato preziosi appunti su Siena e la sua storia nel primo Settecento: alluvionali, disordinati, ma molto utili oggi. Ebbene, il nostro ricorda la vicenda del famosoaccoltellamento che un ondaiolo Pierucci compì ai danni di un torraiolo (un Mannotti) nel 1713, fatto che ebbe il suo esito proprio in San Salvatore; fu segnato allora un momento della storia del nostro Chiesino: il nostro Pierucci vi trovò riparo.
Le chiese godevano del diritto d’asilo allora (e qualcuno lo ricorderà, dalle scuole di un tempo…).
S’interposero gli addetti all’ordine pubblico per evitare scontri più sanguinosi e costrinsero a far la pace (gli argomenti buoni li avevano evidentemente…), che fu giurata da almeno 100 per parte. E si fecero grandi feste, scambiandosi visite reciproche; addirittura comprendendo nell’accordo anche la restituzione di un tamburo trafugato alla Torre e mai restituito…
Ebbene, in questa occasione, ci dice il nostro cronista, l’Onda rinnovò la “bandiera o insegna” facendola bianca e “turchina”in luogo di quella “sempre usata”.

Erano passati un trent’anni circa e il ricordo di Camollia si era già perduto? Difficile dire. Più probabile che si alternassero i due abbinamenti ormai. Chi lo vietava? Non era tutto istituzionalizzato, e quindi regolamentato, come oggi. Si poteva variare senza essere tacciati di ignoranti o offensivi della tradizione – che nel frattempo, in quel tardo Seicento, forse proprio in contemporanea (o un po’ prima?) con l’Antiporto, veniva confermata al Chiesino: con le onde in bianco e nero che sono state ora giustamente riprodotte in “Malborghetto”!

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