Giuseppe Gavazzi – “I bambini di Giuseppe”

Giuseppe Gavazzi – I bambini di Giuseppe

I sogni, l’energia, la bellezza dei bambini racchiusi in un’opera d’arte. È questo lo spirito della mostra “I bambini di Giuseppe” dello scultore Giuseppe Gavazzi in programma, fino a domenica 4 giugno, nel Mond, il nuovo museo della Contrada Capitana dell’Onda, in via Giovanni Duprè 111.

La mostra. L’esposizione raccoglie circa 40 sculture realizzate dall’artista pistoiese: da una delle prime opere in pietra datata 1956, ai legni e le terrecotte policromate degli anni ’80 e ’90 fino alle più recenti, con alcune opere mai presentate al pubblico. Da segnalare il gruppo di sculture esposto nella Cripta della Chiesa di San Giuseppe, con in primo piano la “Bambina della pace”, che rappresenta la gioia per la notizia della fine della guerra del Vietnam. Un capolavoro datato 1973.

Info. Per qualsiasi ulteriore informazione sulla mostra di Giuseppe Gavazzi e sull’attività della Contrada è possibile inviare un’email all’indirizzo di posta elettronica cancellieri@contradacapitanadellonda.it

INTRODUZIONE

I locali che attualmente ospitano il nuovo allestimento del Museo della Contrada Capitana dell’Onda sono quelli dell’ex asilo Policarpo Bandini, un luogo che ha i bambini nella propria storia.

Seguendo il percorso espositivo, lungo il quale le preziose memorie della contrada si incontrano con le policrome sculture di Giuseppe, si coglie, ben evidente, la presenza vivace di nuovi bambini che sono tornati ad animare questi spazi: un segno di continuità e modernità, il riconoscimento di una vocazione che trova una nuova forma per attualizzarsi e al tempo stesso un simbolo della storia dell’Onda che si trasmette alle nuove generazioni.

La festività di San Giuseppe, patrono dell’Arte dei Legnaioli, offre l’occasione per presentare una scelta dei soggetti prediletti da Gavazzi: quello della rappresentazione dei bambini, tenendo conto che questo Santo è così caro alla devozione popolare proprio per il suo ruolo di padre putativo di Gesù, tanto che la sua iconografia, dall’età moderna in avanti, ne ha fissato l’immagine mentre tiene in braccio il Bambino.

La figura di un padre che stringe in affettuoso abbraccio il figlio, intagliata nel legno da Gavazzi nell’ormai lontano 1974, appare come una quotidiana e moderna trasposizione del San Giuseppe col Bambino. Mentre la gran parte delle altre sculture di bambini e bambine, di ragazzi e ragazze, colti in pose da ritratto o ripresi durante giochi, rimanda al mondo dell’infanzia, che rimane nella memoria di tutti come un momento magico e indimenticabile. Ma per un artista come Gavazzi ripercorrere il lontano passato permette la produzione delle sue incantevoli figure, che sono utili a ravvivare ricordi e fatti, sensazioni e affetti.

Fra le sculture che si possono ammirare, girando nei locali del museo, resterà il ricordo dei festosi giochi infantili di strada, ma ancor più emozioneranno le figure dei cavalli, animali che molto spesso allietano il mondo dei ragazzi immaginato da Gavazzi e che occupano uno spazio importante nella storia e nella memoria di ogni senese: il cavallo come creatura totemica da avvicinare con la meraviglia, lo stupore e il senso del magico dei bambini.

Lasciando a ciascuno il piacere di soffermarsi sulle sculture che più corrisponderanno ai singoli interessi, ai sentimenti personali, vale almeno la pena di suggerire un pensiero particolare per la Bambina della pace, in primo piano nel gruppo esposto in cripta, che esulta alzando di scatto le braccia al cielo, perché festeggia la notizia degli accordi per la fine della guerra del Vietnam (1973).

Il compito che attende la nostra Contrada dopo il ripristino di questi ambienti, affidatici dal Comune di Siena, è quello di far sì che l’accesso alla memoria privata di una delle 17 Contrade si trasformi in un percorso di conoscenza per tutti, sia della storia della città sia della sua Festa, e che il carattere delle iniziative qui ospitate sia di evidente valore sociale.

Non è un caso che il primo evento d’arte in programma al Mond veda protagonista Giuseppe Gavazzi e la sua scultura: la sua storia artistica e professionale, è il migliore testimone di questa volontà collettiva e al tempo stesso costituisce un’orgogliosa opportunità per un primo riconoscimento che la città, attraverso la Contrada dell’Onda, vuole esprimergli, pensando al suo prezioso contributo alla conservazione delle più prestigiose opere artistiche cittadine.

[…] per fare una scultura come la mia ci vogliono uno scultore per realizzarla, un restauratore per ricostruirla e un pittore per terminare il tutto. E così si crea una scultura con una decorazione pittorica un po’ particolare e unica, perché l’opera si realizza proprio con le conoscenze dei tre mestieri […]

Ho cercato sempre di fare le mie cose con amore, con passione e vedo che ora tante altre persone capiscono questo messaggio di poesia, di amore, di stupore e se si vuole anche di leggera malinconia. Soprattutto è un abbraccio di pace e fratellanza verso l’uomo e verso la natura. Tutto quello che vedo, lo vorrei scolpire! E tutto nasce per caso….

Giuseppe Gavazzi, 2011

GAVAZZI SCULTORE

Nato nel 1936 da genitori toscani a Marcussis (Francia), Giuseppe Gavazzi si è diplomato presso l’ Istituto d’Arte Policarpo Petrocchi a Pistoia, specializzandosi nella pittura murale. Parallelamente alla sua crescita come restauratore, ha esercitato l’arte della pittura, ma ha iniziato fin dalla metà degli anni Cinquanta a cimentarsi nella scultura, utilizzando la pietra, per eseguire figurazioni a basso rilievo e statue a tutto tondo, come l’inedito e commovente abbraccio fra padre e figlio: Il perdono, che risale al 1956

Passato all’intaglio di figure di legno, sempre presentate con accurate patinature, verso la metà degli anni Sessanta è giunto a plasmare l’argilla, per ottenere opere in terracotta, le prime delle quali erano terminate soltanto con patinature e coloriture monocrome. È giunto poi a preferire la finitura con colori naturalistici, trovando così in questa tecnica il mezzo espressivo a lui più congeniale. Ottiene risultati di pari intensità anche con la modellazione dello stucco forte e con l’intaglio del legno, al quale è tornato con maggior frequenza dalla fine degli anni Ottanta, cimentandosi nella creazione di imponenti figure più grandi del vero.

Ha sperimentato anche la tecnica del marmo e del bronzo, oltre aver coltivato un’intensa attività di incisore.

Gli anni di attività artistica di Giuseppe Gavazzi ci hanno insegnato a ben intendere come il suo specifico campo d’azione sia quello della rappresentazione realistica della figura. Colti nei momenti più naturali, consueti e quotidiani dell’esistenza, i personaggi di Gavazzi manifestano scopertamente i loro sentimenti. Per questo fra i soggetti preferiti sono appunto le maternità, i giochi dei bambini, i busti di adolescenti e di conseguenza la sua volontà espressiva riesce a rendere lo stupore di uno sguardo di fronte a un fatto inatteso, la vanità innocente di una bambina che va fiera del vestito nuovo, la contentezza di un’altra che cade a terra dopo una capriola, la gioia incontenibile di chi dimostra di saper andare a cavallo, l’attesa pensierosa di un ragazzo accoccolato su un sedia. Giovialità e mestizia vanno a braccetto in queste figure, ma compare pure una forte vena comica, che spiega con acutezza le rappresentazioni delle più inaspettate occasioni della vita, che dà forma a una battuta colta al volo o bonariamente rivolta a qualcuno. È così che un bambino coperto da un asciugamano può mostrare il momento “dopo il bagno” o l’infantile burla di chi si nasconde per sorprendere un genitore; un variopinto groppo di panni sopra una sedia ricorda il frammento di un dialogo con la moglie (“dopo li stiro”); un tontolone svagato con lo sguardo rivolto al cielo e l’ombrello piegato verso terra suscita il consiglio: “Ragazzo non piove più”. Ci rimandano allo stesso mondo anche minuscoli gruppi, i teatrini viventi, come il cortile animato e reso chiassoso dal gioco dei bambini, o le stanze di una casa con le madri affacciate alle finestre, intente in un simpatico pettegolare.

Si tratta di una produzione tutta speciale nel panorama della più importante scultura toscana del secondo Novecento, che ben s’inserisce – come stato più volte osservato – nella direzione in cui avevano prima operato scultori del calibro di Arturo Martini, Marino Marini e Quinto Martini. Non occorre fare altri nomi: Gavazzi direbbe di non aver avuto rapporti con nessuna delle opere di quei maestri. Ma quello era lo ‘stile del tempo’ in cui si è formato il giovane Gavazzi e che gli ha permesso di sviluppare una scultura di forte impatto naturalistico, ma non priva di efficace astrazione formale.

GAVAZZI PITTORE

Pur essendo fino a oggi poco noto, da buon toscano, anche Giuseppe Gavazzi fonda la sua arte nella pratica del disegno, dimostrando una spiccata capacità nel dare espressività e naturalezza alle figurazioni, sia quando sono rapidamente schizzate con la matita o il carboncino sia quando sono carezzevolmente accompagnate dai suoi prediletti colori. Quella della pittura è un’arte che affonda le sue radici nella prima formazione di Gavazzi, compiuta all’Istituto d’Arte seguendo il suo maestro e pittore Alfiero Cappellini, amico di Guttuso.

Il tema ricorrente è il paesaggio, che trova con grande facilità nella campagna e nelle colline pistoiesi; la natura morta, come il disegno di figure maschili e femminili, è presente ma risulta marginale. Il disegno , tornerà con forza, nella fase plastica dello scultore, come fulcro alle mille idee che correvano nella sua fantasia artistica.

Gavazzi pittore espande la sua creatività anche su altri materiali e propone i cromatismi su tutte le superfici che lo interessano. La scultura in terracotta è la prima ad essere modificata nella sua semplice matericità attraverso un’esplosione di colori e decorazioni, ma anche i disegni, che fino ai primi anni Settanta erano monocromi (a carboncino o pastello), iniziano a colorarsi, proprio in funzione dei bozzetti che serviranno per le sue sculture in terracotta, in stucco o in bronzo. Per suo diletto, volontà, e spirito di sperimentazione, Gavazzi inizia a sperimentare quella tecnica con cui si confronta costantemente durante i suoi restauri, il buon fresco, e si spinge a decorare finemente le facciate del nuovo studio di Pieve a Celle, creando un insieme figurativo degno della sua inventiva, capace di fondere motivi nati dal costante contatto con il mondo dell’arte e delle sue ispirazioni personali.

Come in una bottega del Quattrocento produce i colori per il buon fresco, macinando e purificando le pietre (il lapislazzulo, la malachite, l’azzurrite, il cinabro, etc.) e cuocendo, ad esempio, i gusci di noce, di quercia, e i noccioli di pesca per ottenere il nero carbone.

Ma è nella scultura che culmina la sua esperienza artistica di pittore. Gavazzi racconta che al colore delle sue sculture sarebbe giunto per un incidente, quando, dovendo restaurare una terracotta che si era frantumata, trovò la soluzione di dipingerla per mascherare le rotture e le integrazioni. L’episodio è certo veritiero, anche se sembra avere tutti gli elementi tipici di una novella d’altri tempi. La scelta del colore, tuttavia, non può essere stata solo frutto del caso, corrispose bensì a una esigenza e direi anche a una maturazione.

“La scultura attende, invoca, provoca il colore, non c’è scampo”. È con questo acuto giudizio che nel 1966 Roberto Longhi presentava un bronzo policromato di Renato Guttuso, aggiungendo quasi un nuovo capitolo al dibattito sul primato tra pittura e scultura E’ un tema che Giuseppe Gavazzi conosce alla perfezione, avendo sentito la necessità di rifinire le sue opere con la gradevole apparenza dei colori, che si presentano con le velature e le patinature necessarie a rendere le sculture più accostanti e credibili. Tali intenzioni espressive e tali procedimenti tecnici danno alle sue opere un’affinità costituzionale con le sculture dipinte del lontano passato, delle quali erano costellate soprattutto le chiese del Medioevo e del primo Rinascimento. Sia quelle antiche figure sia queste moderne di Gavazzi mirano, infatti, allo stesso fine; tendono al coinvolgimento emotivo, le prime dovendo raccontare didatticamente i momenti essenziali della vita di Cristo o presentare le esemplari immagini dei santi, le seconde volendo evocare -come si è detto prima- il vivere quotidiano con i suoi primordiali affetti e l’incanto del mondo infantile.

GAVAZZI RESTAURATORE

La specializzazione in pittura murale conseguita all’Istituto d’Arte ha permesso a Gavazzi di iniziare nel 1956 l’attività di restauratore nella bottega fiorentina di Leonetto Tintori e di intraprendere una brillante carriera, che lo ha portato a essere uno dei più stimati professionisti del settore, al quale ci si è spesso rivolti per risolvere i casi più disperati o per affrontare il restauro dei massimi capolavori della pittura murale italiana.

L’incontro con Tintori segnerà molto profondamente il giovane allievo, stimolandolo a trovare soluzioni alternative e innovative alle pratiche del restauro, ancora legate al passato. L’alluvione di Firenze del 1966, mise i restauratori di fronte ad un dramma di proporzioni inimmaginabili, ed insieme alla comunità scientifica si impegnarono tutti nella messa a punto di nuove e migliori soluzioni al recupero di quel patrimonio. In questo clima di rinnovamento Gavazzi sviluppò interesse nella sperimentazione dei materiali nuovi e della tradizione antica, con ricadute positive che lo spinsero ad allargare le proprie collaborazioni. E’, infatti, di quegli anni l’incontro con Dino Dini, un altro dei maestri del restauro.

Nella sua attività di restauratore è intervenuto sulle opere dei maggiori esponenti della storia dell’arte italiana: Giotto, Duccio di Buoninsegna, Filippino Lippi, Lippo e Federico Memmi, Paolo Uccello, Agnolo Gaddi, Piero della Francesca, Spinello Aretino, Domenico Ghirlandaio, Tiziano, Andrea del Sarto, Benozzo Gozzoli, Taddeo di Bartolo, Domenico Beccafumi, Andrea del Castagno, Jacopo da Pontormo, Taddeo Gaddi, Sabastiano Mainardi, Bernardino Poccetti.

A Siena, in particolare, la sua arte ha contribuito alla conservazione delle più prestigiose opere artistiche della città:

Domenico di Bartolo, Cura e governo degli Infermi – Complesso Museale di Santa Maria della Scala, Pellegrinaio

Simone Martini, Guidoriccio da Fogliano – Palazzo Pubblico, Sala del Mappamondo

Francesco di Giorgio Martini, Storie della Vergine –  Chiesa di Sant’Agostino, Cappella Bichi

Duccio di Buoninsegna, La consegna del castello di Giuncarico – Palazzo Pubblico, Sala del Mappamondo

Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buono e del Cattivo Governo – Palazzo Pubblico, Sala della Pace

Ventura Salimbeni, Ester davanti a Assuero – Cattedrale di Santa Maria Assunta

Domenico Beccafumi, Incontro di Gioacchino e Anna alla porta Aurea – Complesso Museale di Santa Maria della Scala, Cappella del Manto

Lorenzo di Pietro, detto il Vecchietta, Madonna della Misericordia – Palazzo Pubblico, Stanza del Biado

Sano di Pietro, Incoronazione della Vergine – Palazzo Pubblico, Sala della Biccherna

Sano di Pietro, San Pietro Alessandrino tra i Beati – Palazzo Pubblico

Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma, Condottiero a cavallo – Chiesa di Santo Spirito

Pinturicchio, Imposizione del cappello cardinalizio a Enea Silvio Piccolomini da parte di Callisto III – Cattedrale di Santa Maria Assunta, Libreria Piccolomini

Benedetto di Bindo, Cattedrale di Santa Maria Assunta, Sacrestia, Cappella dei Liri – cappella destra

Taddeo di Bartolo – Palazzo Pubblico, Anticappella

Simone Martini, Maestà – Palazzo Pubblico, Sala del Mappamondo

Domenico Beccafumi, Girolamo del Pacchia e Sodoma, Storie della Vergine – Oratorio di San Bernardino

Scuola senese del XIII secolo, Storie del Vecchio e Nuovo Testamento – Cripta della Cattedrale di Santa Maria Assunta

Meo di Pero e Cristoforo di Bindoccio, Santi e Dottori della Chiesa – Complesso Museale di Santa Maria della Scala, Cappella del Manto

All’interno nel museo e lungo tutto il territorio della Contrada è possibile utilizzare l’applicazione izi.TRAVEL per scoprire informazioni e curiosità direttamente sul proprio dispositivo mobile attraverso un’audioguida multimediale. All’interno del museo è disponibile una rete Wi-Fi gratuita.

L’applicazione è disponibile gratuitamente per il download su Apple Store, Google Play e Microsoft Store.