Il mondo dei vaccini: dialogo con un’esperta

A tu per tu con Maria Lattanzi, Responsabile dello Sviluppo Clinico per il Research & Development Center italiano di GSK Vaccines.

di Caterina Sorge Pasqui

 

Incontro Maria Lattanzi, medico Specializzato in Malattie Infettive, nei vaccini da 15 anni, recentemente nominata Responsabile dello Sviluppo Clinico per il Research & Development Center italiano di GSK Vaccines. Con pochissimo preavviso la Dr.ssa Lattanzi si rende disponibile per una mezz’ora di chiacchierata sul mondo dei vaccini (che poi sfora in 45 minuti e anche più), il cui scopo è provare a dare delle informazioni e fare un po’ di chiarezza, partendo dal presupposto che Maria lavora nei vaccini per scelta, non per caso, “perché credo sia un modo concreto di migliorare il mondo”.

Maria-Lattanzi

Parliamo dell’iter di un vaccino, dalla sua nascita alla commercializzazione.

La prima cosa da dire è che il processo di sviluppo di un vaccino è molto lungo, in media 15-20 anni. La prima fase comincia in laboratorio, dove s’identificano le sostanze che possono dare protezione: quali, quante e se hanno bisogno di essere supportate da altre sostanze, chiamate adiuvanti, che ne aumentano la potenza. Si passa poi alla fase pre-clinica per definire le caratteristiche del candidato vaccino e per iniziare la valutazione sulla sua sicurezza. Se questa fase è superata con successo, si passa alla fase clinica, ossia alla sperimentazione sull’uomo. Questa fase è a sua volta suddivisa in vari stadi, nei quali vengono condotti studi clinici su un campione progressivamente più numeroso di popolazione, passando dall’obiettivo iniziale di testare la sicurezza del vaccino, ossia che non abbia effetti negativi, per poi passare a testare la sua efficacia, considerando sempre che i vaccini sono destinati a persone sane che vogliono rimanere tali, e quindi la loro sicurezza è una condizione imprescindibile.
Quando sono stati raccolti dati adequati a confermare che il vaccino è sufficientemente sicuro ed efficace, tutta la documentazione raccolta nelle varie fasi è sottomessa alle Autorità Regolatorie Nazionali o Internazionali (le più famose sono la Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti e la European Medicines Agency (EMA) in Europa) per la registrazione. Le Autorità Regolatorie controllano tutta la documentazione ricevuta e se i dati sono sufficienti, la registrazione del vaccino può essere concretizzata, il che significa che il vaccino può essere immesso in commercio. Recentemente e sempre più spesso, le Autorità Regolatorie danno il loro ok alla registrazione previo impegno da parte dell’azienda produttrice di continuare a condurre sperimentazioni cliniche su fette sempre più ampie di popolazione anche dopo la registrazione del vaccino.

Cosa succede se durante questi studi post-registrazione si scopre qualche effetto collaterale del vaccino non verificatosi prima?

Dipende dall’effetto collaterale, eventi di questo tipo sono accaduti nel passato, in alcuni casi hanno semplicemente portato ad un aggiornamento del foglietto illustrativo del vaccino, in altri molto gravi al ritiro del vaccino stesso dal commercio. In questo senso è fondamentale la rete di Farmacoviglianza sul territorio: i medici hanno l’obbligo di riportare tutti gli eventi avversi, che siano o no correlati alla vaccinazione. Dalla farmacoviglianza queste informazioni sono poi trasmesse alle aziende. Questo è uno strumento fondamentale per accrescere la conoscenza del profilo di sicurezza del vaccino. Mi preme sottolineare che questi controlli sono effettuati su tutti i farmaci e i vaccini: le aziende farmaceutiche sono tenute ad inviare periodicamente dei riassunti contenenti questi eventi alle autorità regolatorie di competenza, le quali poi decidono su eventuali azioni da intraprendere. Questi controlli continuano per tutta la durata di vita di un vaccino e anche per diverso tempo dopo il suo ritiro dal commercio. Il rigido controllo sul territorio e l’informazione che viene dal territorio è quindi fondamentale.

Oggi c’è grande fermento sulle vaccinazioni, sono molti gli scettici che non si vaccinano e non vaccinano i figli considerando i vaccini non sicuri o pericolosi: parliamo delle percentuali di rischio di un vaccino e dei danni da vaccino

In questi casi si parla di “vaccine hesitancy” e c’è fior di letteratura scientifica a riguardo, proprio perché è un argomento caldo, anche se non nuovo, dato che è nato fin dal primo vaccino scoperto da Edward Jenner (il vaccino del vaiolo, alla fine del 1700, ndr). Lo scetticismo verso i vaccini nasce con la vaccinologia stessa. Dati alla mano tuttavia le vaccinazioni sono state, insieme alla disponibilità di acqua potabile, lo strumento più efficace dell’ultimo secolo per raddoppiare la vita media nei paesi sviluppati.

Perché allora c’è tanta discussione sui vaccini?

Per due motivi fondamentali: il primo è che i vaccini sono somministrati a persone sane. Mentre un malato che prende un farmaco accetta anche i suoi effetti collaterali pur di alleviare il suo dolore o di curare la sua malattia (prendiamo l’esempio classico degli anti-infiammatori: leggendo il foglietto illustrativo ci sono tantissimi effetti collaterali anche gravi, eppure chiunque abbia mal di testa non esita a prenderli), una persona sana considera qualunque effetto collaterale come un problema, un fastidio. Il secondo motivo è che i vaccini sono vittime del loro stesso successo.

Cioè?

Voglio dire che le malattie che negli anni sono state eliminate dai vaccini oggi non si vedono più, malattie quali la poliomelite, la difterite, il tetano, certi tipi di meningite, mentre si vedono gli effetti collaterali del vaccino, quando presenti. La maggior parte delle persone non sa o non si ricorda gli effetti terribili di queste malattie, quindi associa il vaccino al suo possibile effetto collaterale senza vederne il reale beneficio. Faccio un esempio recente: alla caduta dell’Unione Sovietica negli anni ’90, ci fu un parallelo crollo del sistema sanitario che non forniva più i vaccini alla popolazione. La conseguenza fu una gravissima epidemia di difterite, che fu debellata solo dopo la re-introduzione delle vaccinazioni. Quello che intendo è che oggi c’è benessere anche perché molte vaccinazioni sono sistematiche, usate da tutti o quasi, ma se le vaccinazioni sono sospese le malattie possono tornare.

OK per la difterite, il tetano, malattie “ancestrali” e terribili, ma per malattie come il morbillo, la varicella, che tutti fino alla mia generazione inclusa hanno avuto da piccoli, che senso ha la vaccinazione?

Il morbillo io l’ho avuto a due anni, ma me lo ricordo anche oggi come una bruttissima esperienza. Anche negli anni recenti in Italia ci sono stati focolai di morbillo che hanno avuto come conseguenza un certo numero di persone con effetti collaterali gravi, e, in qualche caso, anche morte.
Il valore della vaccinazione non è solo dovuto alla possibilità di prevenire morte o effetti collaterali gravi della malattia, ma alla possibilità di prevenire la sofferenza e il disagio dovuto alla malattia stessa.

E’ giusto basarsi sul rapporto rischio-beneficio per decidere se vaccinarsi o vaccinare i propri figli?

Il rapporto tra rischio e beneficio regola tutti gli aspetti della nostra vita, dal decidere se scendere dal letto la mattina per andare in ufficio in avanti. Ci sono due tipi di rapporto rischio-beneficio nell’ambito medico: quello sulla sanità pubblica, in cui si considerano gli effetti sulla società, sulla base dei quali ad esempio viene deciso di vaccinare soltanto una particolare fascia di età per un certo vaccino, perché dal punto di vista sociale, dei costi eccetera è la scelta più favorevole. Poi c’è il rapporto rischio-beneficio per l’individuo: questo a mio avviso è un tipo di discorso che andrebbe sempre affrontato con il proprio medico, perché è diverso per ognuno di noi e include anche in questo caso dei costi, pensiamo al vaccino anti-influenzale comprato in farmacia. Faccio una similitudine rubata a Rino (Rappuoli, ndr): comprare un vaccino è come fare un’assicurazione sulla casa, cioè pago dei soldi tutti gli anni per un evento che spero non accada mai.

Un messaggio a chi non si vaccina perché ha paura dei rischi associati

Ogni atto medico ha dei rischi associati, effetti collaterali, questo va tenuto sempre presente. I vaccini nella quasi totalità dei casi hanno effetti collaterali del tutto transitori, quali ad esempio febbre e dolore nel punto d’iniezione.

E per gli effetti gravi? Penso all’autismo.

Per prima cosa la correlazione fra autismo e vaccinazione non è mai stata scientificamente provata, in realtà il medico che pubblicò questo articolo fu radiato dall’ordine dei medici e la sua pubblicazione fu ritirata, ma questo tipo di informazione non ha avuto sul pubblico la stessa presa che ha avuto la pubblicazione stessa, addirittura i più scettici pensano che dietro al ritiro dell’articolo ci siano stati dei poteri forti in grado di mettere a tacere questo tipo di denunce. Ritorno a dire che bisogna sempre considerare la percentuale di probabilità che un effetto collaterale grave post-vaccinazione avvenga in relazione alla probabilità di contrarre la malattia e i suoi effetti. Vorrei anche aggiungere che se un vaccino è in commercio, sulla base dell’iter che abbiamo descritto prima, questo significa che il rapporto rischio-beneficio è stato valutato come favorevole dalle autorità competenti; se non c’è fiducia nel sistema sanitario allora non ci sono più riferimenti.

Ringrazio la D.ssa Lattanzi per averci dato delle utili informazioni che possono a mio avviso essere usate come spunti di riflessione. Vaccinarsi o meno rimane una scelta molto importante, ed è auspicabile che venga fatta con dati alla mano, dopo aver dialogato con il proprio medico ed avere valutato i rischi associati al vaccino in relazione a quelli associati alla possibile malattia.